Tecniche
Saggar firing
Tecnica primitiva di origine orientale, prevede che il pezzo attentamente steccato con una pietra d’agata, rivestito con terra sigillata e biscottato a circa 1000°C, esegua la seconda cottura in atmosfera riducente, avvolto in strati di argilla cruda e fogli di alluminio. Particolarità di questa tecnica è l’utilizzo quasi esclusivo di materiali organici (quali segatura, sale, zucchero, foglie e fiori, fondi del caffè…) con l’aggiunta di sali metallici. Si originano così cromatismi diversi e sempre sorprendenti che vanno dal porpora al nero, dal grigio intenso a quello delicato con sfumature verdi o azzurre, fino al rosa, al pesca e all’arancione.
Non è possibile prevedere con precisione l’esito cromatico di una cottura, ma è sempre possibile prevedere che il fuoco opererà la sua magia, regalando assoluta meraviglia.
Bucchero
Tecnica di origine etrusca risalente ai secoli dal VII al V a.C., prevede che il pezzo, attentamente steccato con una pietra d’agata e rivestito con terra sigillata, esegua una monocottura a circa 800°C in atmosfera fortemente riducente. La particolare colorazione nera è data dalla trasformazione dell’ossido ferrico contenuto nell’argilla – in combinazione con il carbonio presente all’interno della camera di cottura – in ossido ferroso.
Talvolta sono presenti intense e affascinanti sfumature metalliche ottenute grazie ad una temperatura di cottura più elevata che creo posizionando la legna a ridosso dei pezzi.
Obvara firing
Tecnica risalente al periodo medievale originaria dell’Europa orientale, prevede che l’oggetto, realizzato in argilla semirefrattaria, attentamente steccato con una pietra d’agata, rivestito con terra sigillata e biscottato a circa 1000°C, esegua una seconda cottura a 800°C e venga immerso, incandescente, in una pastella fatta di acqua, farina, zucchero e lievito.
La combustione della pastella sulla superficie dell’oggetto regala sfumature color caffelatte e disegni che ricordano costellazioni e onde del mare.
Raku
Interpretazione occidentale della tecnica giapponese risalente al XVI sec. prevede che il manufatto, realizzato con argilla semirefrattaria e biscottato ad una temperatura di circa 1000°C esegua una seconda cottura dopo l’invetriatura e venga estratto dal forno ancora incandescente. Il diverso coefficiente di dilatazione dell’argilla e del rivestimento vetroso provoca su quest’ultimo la comparsa di crepe (cavilli). L’oggetto, posto in riduzione d’ossigeno entro un recipiente metallico contenente segatura, assumerà una colorazione nera nelle parti del biscotto non rivestite con cristallina e nelle crepe createsi sulla superficie vetrosa.
Il fascino intramontabile di una tecnica capace di regalare risultati stupefacenti.